Il settore agricolo ha un ruolo centrale e trainante per il raggiungimento di obiettivi irrinunciabili come la sicurezza alimentare e la mitigazione del cambiamento climatico. Ma l’attuale scenario globale contribuisce a creare crescenti difficoltà ai produttori. Tocca anche alla politica fornire risposte adeguate a livello nazionale e continentale, ascoltando, prima di tutto, le richieste di un comparto chiamato a fronteggiare quotidianamente gli effetti diretti di molti processi di enorme portata. Bisogna inoltre valorizzare le esperienze positive di aggregazione che gli agricoltori italiani hanno dimostrato in diverse realtà di saper portare avanti. È il messaggio emerso con forza nel corso del convegno “Ortofrutta italiano: il valore di una filiera” ospitato a Siracusa nell’ambito dell’Expo Divinazione 2024 di Ortigia, la grande rassegna dei prodotti e delle eccellenze nazionali organizzata in concomitanza con il G7 dell’Agricoltura.
Tanti i temi caldi affrontati durante la tavola rotonda organizzata da Melinda e APOT in collaborazione con Fedagripesca-Confcooperative. E non avrebbe potuto essere diversamente: per il settore agricolo, infatti, i motivi di preoccupazione non mancano. A pesare tuttora, ad esempio, sono le pressioni inflazionistiche e gli effetti del cambiamento climatico, che incidono sui costi di produzione e, di conseguenza, sui margini di profitto. Così come l’incertezza geopolitica e l’evoluzione delle normative, che impattano sul mercato e sulla concorrenza.
Ad ascoltare le istanze e i suggerimenti del mondo ortofrutticolo, il capo Dipartimento della Sovranità Alimentare del Ministero dell’Agricoltura, Marco Lupo, che nel suo intervento ha sottolineato l’importanza della partecipazione delle imprese e delle realtà agricole: “Per le istituzioni, la fase di ascolto è fondamentale. Proteggere gli interessi e la qualità delle produzioni italiane significa garantire la tenuta economica di migliaia di piccole imprese, che rappresentano un fattore cruciale per la tenuta della nostra sicurezza alimentare”.
Il quadro è indubbiamente complesso. Non a caso Gerardo Diana, presidente del Consorzio di Tutela Arancia Rossa di Sicilia IGP, insieme al consorzio arancia di Ribera Dop, ha elaborato nelle scorse settimane una piattaforma di richieste per salvaguardare quella che resta una delle colture simbolo dell’isola. Le istanze, rivolte alle istituzioni regionali e nazionali, chiamano in causa aspetti come la crisi idrica e le distorsioni concorrenziali favorite, a livello globale, dal divario di costi e dalla coesistenza di regole molto diverse tra differenti Paesi e macroaree.
“L’Unione Europea deve proteggere il nostro settore agricolo e quello degli altri Paesi membri dalla concorrenza sleale extra-Ue che, al momento, costituisce forse il principale problema per il nostro comparto”, ha spiegato Diana. “Quando si fanno accordi commerciali con altre nazioni – ha aggiunto – occorre garantire piena reciprocità e pari condizioni su tutte le variabili in gioco: criteri produttivi, costi, normative e diritti dei lavoratori. Altrimenti la competizione non può che essere iniqua”. Infine un richiamo alle produzioni sostenibili: “Tutelarle significa remunerare in modo adeguato i risultati del lavoro degli agricoltori”, ha concluso.
Particolarmente sentito, ovviamente, il tema dell’impatto del cambiamento climatico. Un fenomeno, come ben sanno gli agricoltori, che si manifesta attraverso la crescente frequenza degli eventi meteorologici estremi. Emblematico, in questo senso, quanto accaduto negli ultimi mesi con le gelate e le grandinate che hanno interessato il Nord Italia e la siccità che ha colpito le regioni meridionali. “Gli eventi estremi favoriti dal cambiamento climatico sono ormai una realtà conclamata che mette a rischio la tenuta del comparto”, sottolinea Giuseppe Campisi, amministratore di O.P.A.C., azienda siciliana attiva fin dagli Anni ‘60 nella produzione e commercializzazione di agrumi e ortaggi. “La siccità sta diventando sempre più frequente e feroce. Un anno è quasi sempre peggio del precedente. E, se anche riusciamo a proteggere le nostre produzioni dalla carenza d’acqua, c’è comunque il pericolo che la produzione venga danneggiata irreparabilmente da repentini cambi di temperature e da qualche pioggia particolarmente violenta che, su un territorio reso arido dalla siccità, ha effetti ancora più dirompenti”.
In questo quadro, naturalmente, a essere messi a dura prova sono i margini di guadagno degli agricoltori. A ricordarlo è Ernesto Seppi, presidente di Melinda e APOT, sottolineando l’impatto dei costi crescenti: “La verità è che da soli non si va da nessuna parte”, ha spiegato. “Bisogna poter contare su un solido coordinamento e su ulteriori processi aggregativi tra produttori”. Il modello cooperativo, in questo senso, è una risorsa fondamentale. Il motivo è facilmente comprensibile anche ai non addetti ai lavori: “la cooperazione rende infatti più agevole per le aziende rispondere anche alle sfide che i cambiamenti climatici e i sempre più frequenti fenomeni meteorologici estremi ci stanno ponendo giorno dopo giorno. Da sole, soprattutto quelle di piccole dimensioni, non riuscirebbero mai a farcela”. Agire sul campo è più che mai necessario: “Per salvare lavoro e produzione, gli interventi di difesa attiva, come l’uso di reti antigrandine e la protezione antibrina, si stanno rivelando sempre più indispensabili” ha concluso.
La cooperazione è una risorsa fondamentale ma, rileva Davide Vernocchi, presidente di Apo Conerpo e del Settore Ortofrutta di Confcooperative, deve essere sfruttata bene. “Il settore agricolo deve migliorare la qualità della sua aggregazione, superando la logica del sussidio fine a se stesso e promuovendo la capacità delle imprese di stare sul mercato”, ha spiegato. “Oggi in Italia ci sono circa 300 organizzazioni di produttori che coprono da sole metà della produzione ortofrutticola nazionale: in molti casi, tuttavia, la scelta di associarsi sembra essere finalizzata quasi esclusivamente a intercettare i contributi pubblici in assenza, al tempo stesso, di adeguati investimenti per l’innovazione e il rafforzamento della competitività sul mercato”. “Di fronte al cambiamento climatico e alla pressione concorrenziale”, conclude, “servono politiche capaci di stimolare ulteriormente l’aggregazione ed è necessario tutelare gli operatori attenti e responsabili impegnati a difendere la qualità delle loro produzioni”.
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